sabato 7 giugno 2008

LI TIRAGNI, LU RUAGNU.... ACQU'ALLA POMPA !!!

-nelle foto: dall'alto in basso, pozzo, trozzula e pompa-

"Li tiragni" non erano altro che due secchi in tela doppia. Erano uniti fra loro da "lu ruagnu" (fune di adeguata sezione). Lu "ruagnu" scorreva sulla ruota (che si chiamava trozzula, dapprima di legno e successivamente cerchione di automobile). La "trozzula" ruotava grazie ad un asse di ferro (con o senza cuscinetti) le cui estremità erano poggiate su due "muraletti" di legno che erano denominati "scaledda" a causa della forma che assumevano stando in parallelo ed unite da assi di legno. Siccome i ladri non sono mai mancati, se il pozzo doveva rimanere incustodito "il villano" portava via tutto: scaledda, trozzula, ruagnu e tiragni. Nel mentre scrivevo mi sono ricordato di un particolare episodio della mia adolescenza. Il mio caro e defunto babbo, agricoltore "natu, crisciutu e pasciutu" aveva dei terreni in fitto ed in mezzadria in contrada "Squartati" al confine con l'agro di Latiano. Circa un ettaro era coltivato a vigneto dal quale si produceva dell'ottimo negramaro. Quando si dovevano fare i trattamenti di irrorazione (pompare) per prevenire e combattere i parassiti della vigna era tutto un rito indimenticabile. La sera prima si metteva in bagno nell'acqua il vetriolo per farlo sciogliere; si riempiva il bidone dell'acqua (solitamente un pilone di cemento). La mattina, all'alba si preparava la miscela con il vetriolo e la calce; altre volte con un prodotto a base di rame ed altri elementi denominato ASPRO che si comprava da "Ntuninu La Dispirata". E si iniziava a "pompare" con la classica pompa a stantuffo a spalla. Ogni "omu ca pumpava" aveva un ragazzo che gli trasportava "l'acqua vetriolata" con due "minzane" (inizialmente erano pesanti perché di argilla/creta, successivamente di plastica). A volte il ragazzo tardava per vari motivi (ci sarebbe tanto da dire!) e l'"omu ca pumpava" se aveva finito l'acqua nella pompa urlava:"ACQU'ALLA POMPA!!!!!" ed il ragazzo arrivava di corsa ansimando, con la lingua di fuori, con l'acqua che schizzava fuori dalle minzane, giustificandosi per il ritardo con una verità o con una bugia. Bene in questo vigneto vi era un pozzo di acqua sorgiva (allora non esistevano i moderni minipozzi o artesiani!). Il pozzo vecchio e poco sicuro (in dialetto dicesi "nu picca a cannizzu") era sprovvisto di "pulieri" e quindi bisognava fare attenzione a non cadere giù. A malapena aveva due colonne "tremolanti" sui quali poggiavamo la "scaledda" e quindi la "trozzula" con annesso "ruagnu" e "tiragni". In un'occasione, io adolescente e collaboravo in questi lavori, prima del tramonto mi recai insieme ad un parente per riempire il pilone. Montata tutta "la cassarmonica" al pozzo, cominciammo ad estrarre acqua. "Nu tiragnu scinnia e unu nchianava; nu tiragnu scinnia e unu nchianava...." e via di seguito in modo automatico. Con il parente, più grande di me, ci alternavamo in questa operazione per non stancarci. Quello che riposava rimaneva seduto vicino al pozzo e scambiava 32 chiacchiere con quello che era intento ad azionare "lu ruagnu" per far salire e scendere "li tiragni" traboccanti di acqua. L'acqua di quel pozzo non era potabile, certamente non perché era inquinata (anzi... a quei tempi era immune da certi problemi), ma perché era acqua che a causa di mancato utilizzo quotidiano ristagnava e diventava maleodorante anche a causa di passeri e topi che finivano la loro esistenza lì in fondo e marcivano. Questa operazione manuale assumeva un ritmo talmente cadenzato che si azionava "lu ruagnu" e si svuotava "lu tiragnu" con una precisione al secondo, al millimetro, senza guardare, rivolgendo lo sguardo altrove, ovvero, nell'occasione, verso l'interlocutore seduto nei pressi. Durante una di queste fasi.... nel mentre con la mano sinistra stavo per afferrare "lu tiragnu" per svuotarlo nella "piledda" il mio parente si mise ad urlare "LASSA, LASSA TUTTI COSI!!!". Istintivamente mollai tutto alzando le braccia e rivolgendo lo sguardo verso il "ruagnu ed il tiragnu". Non vi dico "la cacazza" .... vado ancora "scappando.... fuggendo" (famosa frase di un tipo di mia conoscenza) in direzione della casa colonica dove stavano i miei genitori. Cosa hanno visto i miei occhi? Un serpente d'acqua lungo oltre due metri, non molto grosso, di colore variopinto, sul bruno, il quale aveva usato il "tiragno" a mò di ascensore per venire su ed era tutto attorcigliato intorno al "ruagnu". Poco c'è mancato che lo prendessi in mano.... lu scurzoni! Sono stato lungo, vero?
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Poi c'era era un altro sistema di estrarre l'acqua dai pozzi... un sistema misto fra meccanica e trazione animale. Sapete dirmi in cosa consisteva?

(una richiesta di aiuto: www.aiutiamogabriela.it)
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