giovedì 3 aprile 2008

LA COLOMBA TRADITA (Libro del Dr. Enzo Canale)

Giovedì sera, 2 aprile, ho partecipato all'evento di cui in oggetto e non posso non dire che è stata una vera occasione di assumere una buona dose di cultura con la C maiuscola. Un grazie sincero al Dott. Enzo Canale, ma anche a tutti i relatori intervenuti che con i loro interventi ricchi, precisi, appassionati ed appassionanti hanno coinvolto la gremita sala di pubblico. Oltre al tema specifico relativo alla simbologia dello stemma di Oria i relatori ci hanno fatto tornare piacevolmente nel tempo facendoci quasi toccare con mano il momento della fondazione di Oria, avvenuta verosimilmente oltre 34 secoli orsono ad opera ..... NON dei cretesi sbarcati sulle coste joniche.
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Pubblico qui di seguito la prolusione al libro a cura del Prof. Giuseppe D'Amico .
Il libro è in vendita nelle edicole di Oria.

LA COLOMBA TRADITA
Prima che il Dott. Canale si impegnasse a questa ricerca storica sui simboli presenti nello Stemma civico di Oria, non mi ero mai interessato alla comprensione del loro significato; mi ero solo soffermato alla lettura dei tre distici elegiaci che il Poeta oritano della metà del XVIII secolo, Quinto Mario Corrado Junior, aveva composto a loro spiegazione. Bene ha fatto, perciò, il dott. Canale nel dedicare le sue forze mentali e le sue ore libere da impegni lavorativi, innanzitutto a domandarsi per quale motivo la nostra città si fosse adornata, fin dal Medio Evo, di un tale Stemma e, in secondo luogo, per qual motivo vi compaiano una massiccia Torre situata tra altre due Torri più piccole, due Leoni rampanti posti ai lati esterni e con corona sul capo, un Serpente fuoruscente da una finestra della Torre centrale ed un Volatile che si libra su di esso, ad ali spiegate. Bene ha fatto, dicevo, il dott. Canale perché ha saputo, non solo darci delle risposte storiche esaurienti e pertinenti, ma ci ha dimostrato con questo suo lavoro che anche uno Stemma cittadino o araldico, letto bene, può diventare "fonte di conoscenze storiche." A lettura avvenuta, pertanto, auguro che accada anche a Voi quanto è accaduto a me: provare, cioè, la gioia di aver arricchito la vostra mente di un'altra importante pagina di storia patria e di aver riscaldato il vostro cuore di un più profondo sentimento patrio verso questa gloriosa e antica città. Premesso ciò, ritengo che sia abbastanza idoneo per la comprensione del discorso storico e interpretativo fatto dal dott. Canale che si parta, come lui ha fatto, dal testo di Domenico Albanese "Istoria cronologica dell'Antichità di Oria" dove afferma "che l'Imperatore svevo Federico II aveva voluto apporre accanto ai simboli preesistenti della "Cicogna" e del "Serpente una Rocca, quasi a voler sottolineare la costruzione del Castello che andava erigendo sulla più alta collina oritana." Le precise parole dell'Albanese sono queste: "Dal tempo di Federico II lo Stemma oritano ora si presenta così: "Una Rocca con Campo azzurro con due Leoni coronati nei lati che stanno in piedi e con la bocca aperta con le zampe appoggiandosi alle Torri della Rocca; da una finestra della Torre di mezzo esce il Serpente di color negro che si involge nella Torre, sopra la quale è la Cicogna in atto di divorarlo..." Una uguale descrizione ci viene fornita da Mario Matarrelli Pagano, altro importante storico oritano della seconda metà del '500, nella sua "Raccolta di notizie patrie dell'antica città di Oria nella Messapia" ma con una sostanziale differenza: Al posto della Cicogna il Matarrelli-Pagano ci vede una "COLOMBA." "In un campo azzurro -scrive questi- sopra tre colline verdi sta posta una fortezza seu Castello con tre torri et la di mezzo è la più eminente e dal mezzo di essa torre da una finestra esce un serpe nero che rivolta parte di essa torre et levando la testa in aria vi tiene per testa una colomba bianca, con le ali spase et dall'uno canto e l'altro stanno due leoni fulvi rampanti per dritto alzati sopra l’un e l'altro lato de le dette due estreme torri poste sopra due estreme colline et detti leoni con una zampa elevata tengono la bocca aperta et la lingua da fora et ognuno di detti leoni la corona in testa.." Ad entrambe queste descrizioni si è ispirato il poeta Quinto Mario Corrado Junior della metà del '700, versificando le immagini presenti nello Stemma in ritmi elegiaci e con parole sobrie e appropriate: Serpens et Castrum pia Avis binique Leones Sunt Urbis huius stemmata digna nimis! Est prudens Serpens, Patriaeque Cìconia nutrix Ac Urbis custos fortis et ipse Leo. Uria, quam Cretes struerunt aequore pulsi His gaudens signis moenia tuta fovet." (Traduzione: Un serpente, una Rocca e due Leoni ai lati formano lo Stemma assai glorioso di questa Città! Il Serpente vuol dire "prudenza", la Cicogna vuol dire "nutrimento" della Patria e lo stesso Leone vuol dire "guardia e fortezza della città. Oria, che i Cretesi edificarono, sbattuti dalla tempesta sul mare, compiacendosi di queste insegne, rende le sue mura sicure). Il Corrado, seguendo l'Albanese, parla, dunque, di una Cicogna e non di una Colomba, aggiungendo, tuttavia, nell'ultimo distico la notizia presa dal grande storico greco, Erodoto di Alicarnasso, secondo il quale "la città di Oria fu fondata dai Cretesi, naufraghi sulle coste ioniche. "Sic stantibus rebus", delle due l'una: O dobbiamo rifiutare il testo erodoteo secondo il quale Oria è una città minoico- micenea e questo non è possibile perché ampiamente documentata dai testi storici antichi e dai reperti archeologici oppure dobbiamo rifiutare di considerare "Cicogna" "la pia avis" dello stemma oritano. Non c'è scampo! Delle due l'una.' E l'Autore rifiuta a chiare lettere che la "pia avis" sia la Cicogna.. .motivando ciò, non solo con la considerazione di base che nella ICONOGRAFIA minoico-micenea è sempre presente tra i volatili la "Colomba" e non la "Cicogna" ma anche con una pertinente e interessante serie di osservazioni storiche. Da qui il titolo che l'Autore ha voluto dare alla sua opera: La Colomba tradita! Da qui le risposte chiare e precise, positivamente confortate dalla tradizione letteraria, dall'archeologia e, perfino, dalla mitologia (dal momento che questa ha avuto sempre un gran peso nella formazione culturale del popolo, nella educazione morale dei cittadini e nel loro credo religioso.) Forte di queste premesse, l'Autore sembra un fiume in piena perché si getta con impeto e con decisione all’interpretazione dei simboli dello Stemma oritano, tutti collegati tra loro e, lo rimarco ancora, tutti pertinenti circa la fondazione della città da parte dei Minoco-Micenei! E l'Autore inizia l'analisi, col dire che "le tre Torri tondeggianti che vogliono significare una Città turrita, una Città dove c'è una Rocca o una Acropoli, sono indicate nei "Signa" o nei "Labari" di epoca romana e medievale, mentre in epoca preclassica e, dunque, minoìco-micenea, erano indicate da una "Colonna" sia nel significato simbolico di "Divinità" sia in quello più ovvio di "Palazzo reale", sede del Basileus, dell'Anax, del Sovrano, che in epoca omerica era, pur sempre, un discendente di Giove. E appunto una "Colonna mozza" marmorea fu trovata incastonata nel muragliene tufaceo, spesso oltre venti metri, durante i lavori di abbattimento del PORTARIO, attraverso la quale si entrava nell'Acropoli oritana, vista dall'Errico, altro storico oritano degli inizi del XX secolo, durante i lavori di abbattimento, accostabile alle tante Cittadelle micenee, come quelle di Tirinto, di Argo e di Micene. "Quale compito aveva quella "COLONNA" là inserita nel muraglione del Portano -si è chiesto subito il dott. Canale?" 1) La risposta è venuta fuori, osservando la presenza delle Colonne e dei Cippi nella ICONOGRAFIA RELIGIOSA minoico-micenea e in particolar modo nei SANTUARI, pure questi di epoca minoico-micenea, rinvenuti in questa nostra terra: LA JAPIGIA, ponte naturale con l'Oriente, data la vicinanza delle coste, come in quello di Punta Ristola (presso Santa Maria di Leuca) o in quello di Scala di furnu (presso Porto Cesareo), venerati da quegli antichi popoli Micenei come "anatemi" o come "simulacri aniconici" dedicati a "Batàs" una divinità messapica identificata, poi, con ZEUS KATABATE (Zeus fulminatore!)" E proprio a Zeus Katabate fu dedicato, come racconta Ateneo, un nuovo culto per placare lo sdegno divino e la diffusione della pestilenza in Taranto in quanto i suoi soldati, saccheggiando Karbinia, avevano atterrato e bruciato anche i templi degli Dei. 2) Per quanto riguarda la "pia avis" o "pio volatile" presente nello Stemma cittadino, il nostro Autore, allontanandosi dall'Albanese e dal Corrado, si dice sicuro che si tratti di una "Colomba" e non di una Cicogna e lo sostiene, ripeto, con una ricchezza di osservazioni iconografiche e di analisi critica davvero inesauribili. Il Canale, infatti, nell'affermare ciò, tiene presente la monetazione messapica oritana dove la figura predominante impressa dal conio è una "Colomba", quasi una specie di collegamento cultuale in onore della "DEA MADRE" che è, come sappiamo tutti, una divinità prettamente cretese ed affine alle altre Divinità femminili dalla Fenicia all’Etruria. Si veda, ad esempio, la "Statuetta etrusca del Museo di Cortona, si vedano le COPPE e i CRATERI messapici dello stile di Gnatya, la "Coppa delle Colombe" di Micene, il Vaso rituale di terra attribuibile al Minoico antico e noto come "LA TAZZA DI NESTORE". Alla monetazione e alle raffigurazioni fittili l'Autore aggiunge, quasi non bastasse, le numerose "Statuine e sigilli raffiguranti la Dea Madre, detta anche "Signora delle fiere" perché circondata, oltre che da serpenti e leoni, in particolar modo da colombe, giammai da cicogne. 3) Per quanto riguarda i Leoni incoronati dello Stemma oritano l'Autore si rifa ai "DUE LEONI" che, alti tre metri, si innalzano al di sopra del possente architrave dell'ingresso principale dell'Acropoli di Micene, precisa conferma, a suo dire, delle notizie erodotee riguardanti la fondazione minoico-micenea di Oria. E sì che la simbologia dei due Leoni dello Stemma oritano e la "Colonna" presente nell'imponente costruzione del PORTARIO ci sembrano elementi conformi alla costruzione della PORTA di accesso all'Acropoli micenea! Tra i due Leoni, emblema del potere dato ai Re da Zeus, osserva Canale (confortato dalle conclusioni cui sono pervenuti gli studiosi MYLONAS e JAKOVIDIS), proprio al centro della composizione architettonica si innalza una "COLONNA" che poggia sugli altari e che sorregge sul capitello una trabeazione che vuoi essere, secondo i sunnominati Studiosi, il soffitto di un edificio, "il soffitto, cioè, di un Palazzo fortificato, il soffitto cioè del PALAZZO DEI RE MICENEI.” E mi piace sottolineare che allo stesso modo di Micene, anche la nostra città di Oria, rifacendoci ad Erodoto, è stata "metropoli" e "metropoli" nel vero senso della parola: "Madre di popoli, madre, cioè, di altre città" e dunque sede del potere regale, tant'è che al tempo di STRABONE, il grande Geografo greco vissuto nel Primo secolo d. C., vi era ancora in piedi sull'Acropoli oritana il PALAZZO dei Sovrani messapici! 4) Anche la presenza del serpente che vediamo nello Stemma oritano ci riconduce alla figura della DEA MADRE. Questa, infatti, dovendo scendere nell'ADE per accompagnare la figlia PERSEFONE sulla superficie terrestre, era per i Minonici-Micenei pur essa una divinità ipogea a cui era demandato il compito di fertilizzare la terra e di difenderla dalle catastrofi sismiche. E il serpente ne era il simbolo magico, "il genius" custode dei tesori nascosti sotto terra e a cui era collegato il mistero di ERETTEO o ERITTONIO, raffigurato nella iconografia religiosa greca, appunto, da un "serpente." Il serpente, presente nello Stemma oritano non è, pertanto, un simbolo di offesa o di ostilità, quasi che voglia contrastare il volo protettivo della "Colomba" che si libra sul suo capo ma un simbolo di difesa e di protezione della città. Esso è il "genius" della città di Qria ed ha lo stesso compito che ha avuto ERETTEO, il Dio-serpente in ATENE per il quale gli Ateniesi edificarono un TEMPIO, appunto l’Eretteo, e la Colomba è la rappresentazione della DEA MADRE che aleggia e difende la città e alla quale gli Ontani innalzarono devotamente templi e santuari, testimoniati dalle numerose "Iscrizioni messapiche" dove la DEA è detta "DAMATIRA" accostabile al greco "DEMETER", appunto "LA DEA MADRE" come in TABARA DAMATRIAS di IM 3.27, DAMATRAS PRESPOLIS di IM 14. 111, GRAHIS DAMATRIA di IM 9. 14 e dalla presenza in Oria di un importante Santuario, rinvenuto su un costone di Monte Papalucio, dove si venerava la DEA PERSEFONE, la figlia, cioè, di DEMETRA, la figlia, insemina, della DEA MADRE. Alla conclusione di questa mia prolusione, sperando di non essere stato prolisso e di non avervi annoiato, mi corre l'obbligo di ringraziare il carissimo Autore per questa sua interessante ricerca storica sullo Stemma cittadino. Sono convinto, carissimo Enzo, che d'ora in poi, per merito tuo, quando vedremo passare in corteo per le vie cittadine lo stendardo con l'impressione dello stemma cittadino, il nostro cuore si allargherà di maggiore entusiasmo e di maggiore amore patrio perché consapevoli che in mezzo a Noi, assiepati lungo i bordi delle vie cittadine, sta passando "la storia", appunto, la "storia di Oria.".
Oria, 02 aprile 2008. Prof. Giuseppe D'Amico
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